giovedì 17 luglio 2008

Racconto - La mia amica verde


Dove ho messo le chiavi? Ah, eccole. Finalmente a casa.
Apro la porta e poso lo zaino. Mamma mia, che stanchezza! Prima di tutto, mi metto qua sul divano, a vedermi un po' di CSI.
Oddio, ma che ore sono? Mi sono addormentato. Le dieci! Ma come le dieci! Sono due ore che dormo e non ho neanche cenato. Alle undici devo andare a prendere Ferruccio. E' ora di muoversi.
Allungo la mano verso il telecomando. Poso le dita sui tasti ed è come se prendessi la scossa. Ma che è? Uno scherzo?
Guardo bene dove ho posato la mano. I tasti dei canali saranno grandi come una moneta da un euro.
Stendo istintivamente il braccio in avanti. Il polsino abbottonato penzola nel vuoto, al di là delle dita protese della mano.
Ma che succede?
Salto giù dal divano e faccio per correre, ma inciampo sulle scarpe ed i pantaloni, intrappolato dai vestiti.
Mi libero a fatica da quel groviglio e ne esco nudo come un verme. Mi guardo intorno. La sedia della sala è alta come me.
Ok, ok. Tranquillo. sto sognando. Devono essere state quelle pasticchine gialle che Mara mi ha dato come antistaminico. Conoscendo le sue abitudini, chissà cosa mi ha dato.
Suona il telefono. Allungo la mano in alto, sopra il tavolo e prendo il cordless. E’ pesantissimo e lo devo reggere con due mani. Me l'appoggio sull'orecchio e il microfono mi finisce all'altezza del torace.
Dall’altra parte del telefono sento la voce di mia madre.
- Pronto! Tonino! Pronto! Mi senti!
- Si mamma, sto qui. Sto bene.
Mamma riattacca. Non mi ha sentito.
Comincio ad avere dubbi che sia un sogno. Come mai ho cosi' tanto freddo? Non ricordo un sogno in cui hi sofferto il freddo.
Calma, calma. Ci deve essere una spiegazione per tutto questo. Mettiamo in ordine le cose. Cosa mi è successo ultimamente? Vediamo.
La zingara. Quella maledetta che quando chiedeva l'elemosina l'ho spinta cosi' forte da farla cadere. Chissà cosa mi ha detto quando mi ha puntato la mano contro e mi ha sbraitato contro quelle parole oscure...
Ma dai! Ma cosa mi viene da pensare! Certo che è un sogno. Adesso dò un calcio alla sedia e mi sveglio. Semplicemente. E mi sveglierò seduto sul divano, con il mio piccolo telecomando a fianco.
Ok. Uno, due, tre.
AHIA. Ahhh… che male! Ma che mi è venuto in mente di dare un calcio alla sedia. Adesso sono un nano con un dolore atroce al piede.
Aiuto. AIUTO!!!
Via di qua. VIA!
Corro verso la porta. Provo a scappare. Ormai non arrivo più neanche alla maniglia. Faccio un salto. Niente da fare.
Devo andarmene. Provo a prendere una sedia per salirci sopra. Non ce la faccio a spostarla.
No.
NOOOOOO!!!
Mi siedo per terra e appoggio la schiena al termosifone. Sento un ronzio. Guardo in alto.
Un animaletto svolazza attorno alla luce del soffitto. Sta disegnando una spirale e discende lentamente verso il basso.
Sta scendendo verso di me.
Il ronzio si fa sempre più forte.
Ora è vicinisimo. Mi metto le braccia davanti agli occhi, per non vedere quello che sta per succedere.
Silenzio.
Sento un solletico sulla gamba. Apro gli occhi.
Una cimice, grande come un gatto, sta camminando sulla mia gamba.
Via. Via. Scalcio disperatamente, per liberarmi e fuggire da qualche parte.
Niente. Non si stacca. E’ come se fosse tatuata sulla gamba.
E sale. Ormai mi è arrivata sul ventre. Provo a toglierla con le mani. Niente. Un odore fortissimo sale verso le mie narici. Mi viene da vomitare.
Mi metto le braccia sulla faccia per proteggermi. Sento camminare sul braccio e poi sull’avambraccio. Poi nulla.
Resisto. Non voglio aprire gli occhi. Sto soffocando dalla paura.
Sento qualcosa che si insinua tra le mie braccia e la faccia. Per quanta forza ci metta, non riesco a resistere. No. NOOOO!
Ho le braccia bloccate sul petto. Una cosa appiccicosa mi prende la palpebra destra. Io la stringo a morte, urlando a più non posso.
Non posso più resistere. Apro gli occhi.
Una minuscola bocca si apre, emettendo un sibilo.