domenica 1 giugno 2008

Racconto - If the sun refused to shine *



If the sun refused to shine,
I would still be loving you.
When mountains crumble to the sea,
There will still be you and me.
(Thank you - Robert Plant-Jimmy Page, 1969)


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26 Giugno 1970, porto di Dover


Chicco e Piero scendono dal traghetto. Se l’inferno è un posto dove piove, probabilmente assomiglia al porto di Dover.

Piove che non si vede dove mettere i piedi.

- Ma qua, è sempre cosi’? – chiede Piero.
- Te l'avevo detto che a Londra c'era un tempo di merda!
- Vuoi che sia peggio di Amsterdam?
- Poi vedrai...

Chicco saltella tra la gente e vola sotto una tettoia sgangherata, seguito da Piero e da un altro centinaio di persone.
- Un altro minuto e saremmo affogati! – dice Piero, guardando sconsolatamente la sua camicia multicolore, zuppa.
- Se continua questo schifo di tempo, sai che palle!
Chicco fa un cenno con la testa verso l’esterno della tettoia, dove ombre di persone appaiono e scompaiono sotto l’acqua, come fantasmi.
- Siamo venuti per vedere qualche concerto. Quello degli Zep poi, non me lo voglio perdere, costi quel che costi!
Mentre dice cosi’, Piero cerca di strizzarsi l’orlo dei pantaloni gocciolanti, col risultato di trasformare la zampa di elefante in qualche cosa di indefinito.
- Si. E dove lo fanno?
Mentre i due ragazzi italiani litigano sul da farsi, delle voci femminili, poco distanti, canticchiano un brano familiare.
“Ramble on…, and nows the time the time is now… to sing my song…”

- Ecco qualcuno che ci può aiutare. O che almeno, ha lo stesso problema! – fa Chicco
I due amici si avvicinano al gruppo. Non sembrano inglesi, anzi hanno un accento molto familiare.

Napoletano!

Chicco parte in quarta e batte la mano sulla spalla della prima ragazza del gruppo, una ragazza mora, con i capelli lunghi.
- Scusa, sapete dove suonano gli Zep?
- Grande! anche voi italiani, meno male non ci capiamo niente con st'inglese! - fa lei.
- Gli Zep dovrebbero suonare a Bath e noi ci stiamo andando! State con noi?- fa un’altra ragazza del gruppo.
- Piacere Caterina! – fa la ragazza mora, allungando la mano.
- Piacere Piero, e questo e' Chicco, non fate caso ai suoi baffi, hanno preso fuoco con la canna di stanotte!

Grandi risate di tutte le ragazze. Chicco si aggiusta il baffo e fa una smorfia di fastidio verso Piero, con un effetto ancora più comico.
- Chiedo io informazioni di solito, - spiega Caterina a Piero - perche' sono quella che ne capisce di piu d'inglese, le mie amiche iniziano a ridere come delle cretine mentre mi sentono pronunciare “ai spic inglisc so so”, ma appena sentita la voce di un italiano, non potevo non aggregare il gruppo, se tutto va male ci divertiamo come matti!
- Poi, se sono antipatici possiamo sempre seminarli tra la folla! – pensò Caterina.
Mentre si districano tra la folla, Piero e Caterina si sono già raccontati mezza vita, facendo a gara a chi va a memoria sulle parole di Heartbreaker. Nel frattempo, per fare colpo sull’amica bionda di Caterina, Chicco imita Jimmy Page.
O almeno è quello che pensa di fare. L’imitazione è cosi’ insulsa che nessuno del gruppo ha capito chi potrebbe essere un chitarrista così ridicolo.

- ECCOLI! ECCOLI!
Il gruppo si rivolge indietro. Chicco è fermo, con le mani sulla testa. Davanti a lui, su un muro diroccato, un manifesto alto almeno tre metri, con Robert Plant a torso nudo, bocca spalancata e asta del microfono brandita come un mitra.
Sotto, una scritta.

“The Bath Festival – June 27-28, 1970”

- Ma dov’è questo posto?- fa Chicco, razionalizzando quanto ha visto.
- Io lo so – fa Caterina, sistemandosi i capelli – è vicino Bristol, il festival lo fanno tutti gli anni. L’anno scorso ci è andato mio fratello.
- E come ci si arriva?
- Qualche ora in macchina, non ci vuole molto.

Un giorno e mezzo dopo, i cinque ragazzi italiani stanno camminando in un campo incolto, alla periferia di Bath. Seguono una moltitudine di persone, chi suona, chi canta, chi si bacia.
- Meno male che ci voleva solo qualche ora. In autostop sai quando parti e non sai quando arrivi! – commenta Chicco, con un po’ di fiatone.
Anche Piero e Caterina camminano, ma un passo dietro agli altri. Ogni tanto si sfiorano la mano.
- Ma lo sai che hai una bella voce? – gli dice Caterina all’orecchio.
- Tu invece, sei… sei…
- Sono cosa? – fa Caterina, mettendosi con le mani sui fianchi, attendendo minacciosamente la risposta.
- Sei una ragazza speciale. Profonda. E anche carina.
Caterina scioglie piano piano la sua espressione in un sorriso.
- Si. Vabbè. Jamme.
I nostri si fermano su una collina, rapiti dallo spettacolo. Davanti a loro un orizzonte di teste in movimento e di suoni. Lontano, un palco piccolo piccolo.
Sulla destra della collina, un ragazzo con la barba incolta e un cappellaccio in testa sta facendo delle foto con una polaroid a quella scena.

C’è anche il posto dove acquistare i biglietti. Una tenda bordò, con un cartello “Tickets”.
C’è fila. Senza dubbio. A occhio e croce, almeno cinquecento persone. Un serpentone piegato e ripiegato per una decina di volte.
- Si, ma che siamo venuti a fare qui? Noi mica c’abbiamo i soldi! – ammette candidamente Chicco.
- Come non avete i soldi!! – Caterina lo incenerisce con un’occhiata.
- Non vi preoccupate, ci penso io – fa Piero, indicando sé stesso con il pollice.
Chicco e Piero si scambiano un’occhiata complice, sorridendo, atteggiandosi a veterani dai mille concerti.
- Seguitemi! - Piero inizia a correre, portandosi dietro tutta la combriccola. Fanno il giro del recinto, fino a dietro il palco. In quel punto non c’è proprio nessuno; aldilà della protezione, un paio di ragazzi, stanno scaricando degli strumenti.
- E ora, che si fa? - domanda Caterina
- Chiediamo a quei due - dice Chicco. Poi mette le mani attorno alla bocca e urla:

- EHI! JOHN! JOHN!

Uno dei due ragazzi si avvicina al recinto e si rivolge a Chicco, sottovoce.
- Hi, whats the matter?
- Hi, sorry… for the tickets… money…
Il ragazzo guarda quella strana combriccola in modo interrogativo. Poi sottovoce:
- Ue’ guaglio, non alluccate. Aspettate ‘nu poco, a vuje ci pienz je.
Caterina si caccia la mano in gola per non urlare dalla contentezza.
Il ragazzo anticipa la domanda.
- Song’ e Portici. Avet’ aspettà, vel’ agg ritt.
Dopo mezz’ora, magicamente, i cinque ragazzi, dopo essere usciti da sotto il palco, si sono mischiati alle prime file.

Appena in tempo. Si spengono le luci, sul campo di Bath.
L’ovazione assordante di centocinquantamila persone prende quota.

Un minuto. Un uomo biondo, illuminato da uno spot, esce dal buio del palco con un microfono e saluta il pubblico urlando.
- ROOOOBERT! – urla di rimando Caterina, implorando il cielo affinchè quell’angelo biondo si giri dalla sua parte.
L’attesa è finita. Bonzo rotea la bacchetta e inizia a martellare. Jimmy inizia a mulinare la Gibson.

L’attacco di Immigrant Song esplode sulla spianata davanti il palco, trasformandolo in una bolgia. Le ondate di gente si scaricano sulle prime file, dove i cinque ragazzi italiani urlano a squarciagola.
Caterina si avvicina a Chicco, urlandogli nell’orecchio.
- Ma tu, come facevi a saperlo?
- Cosa? – fa Chicco.
- Che dietro al palco c’era un italiano?
- E chi lo sapeva? E chi sono, il mago Zurli’?
- Ma vaff… - Caterina gli dà uno spintone, ridendo.
- Sai quanto rosica Marco quando gli raccontiamo questo? – fa Chicco, indicando con il dito Bonzo durante l’assolo.
- Marco? Quello scoppia! – fa Piero, non smettendo di saltare.
Mezz’ora di sudore e musica, gioia e adrenalina.
Verso la fine, in un silenzio irreale, Jimmy stacca il distorsore e comincia un arpeggio. Il pubblico inizia a cantare e a muovere le mani a tempo.
Thank you.
Caterina e Piero incrociano i loro sguardi, complici.
“ My love is strong, with you there is no wrong,
together we shall go until we die. My, my, my.
An inspiration is what you are to me, inspiration, look... see.”


- Come staiiii? -grida Caterina.
- Mai stato megliooo- rispose Piero, sorridendole.
- Ho capito. Ho capito che non sei mai stato meglio. Ma mi lasci dormire? – Caterina, infastidita, dà uno scossone a Piero, risvegliandolo dal suo meraviglioso sogno.
- Ma… scusa amore… - fa Piero sforzandosi di tenere gli occhi aperti - …stavo sognando di Bath.
- Di Bath? e che sognavi? Racconta!
Lo sguardo della ragazzina innamorata di Robert Plant illumina la stanza a giorno.
Sono le tre di notte. Ma di dormire non se ne parla. Piero e Caterina hanno tirato fuori la scatola magica dei ricordi, quella con tutte le foto di quando si sono messi insieme.
Poi, ne tirano fuori una. Una vecchia foto polaroid, con i colori ormai sfumati ed i bordi consumati dal tempo.
La guardano lungamente, abbracciati.




* scritto con caterina (away)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Forte. Dovresti leggere "Io, Suzy e i Led Zeppelin" di un certo Millar.

Admin ha detto...

Grazie MrTree della visita e del commento