Un coltello. Una pistola a canna corta con tre colpi.
Questo è quello che resta a Mike. Nient’altro. Pensare. Bisogna pensare. La via d’uscita esiste. Ma esiste?
Mike si guarda intorno. Il capannone abbandonato è enorme, piano di carcasse arrugginite. Dai finestroni in alto non filtra nessuna luce. Oramai sono quattro giorni che scappa. La fame ed il freddo cominciano a farsi sentire. La sua ora di vantaggio è quasi finita. Tra poco saranno qui. Loro vanno a caccia sempre in due. E’ più sicuro. Se uno non ce la dovesse fare, ci pensa l’altro a finire il lavoro.
Si tocca il fianco. Ha una ferita da taglio, non profonda. E’ seduto in un angolo scuro del capannone, da dove riesce a tenere sotto controllo tutti gli ingressi. Improvvisamente, un fascio di luce filtra dai vetri dei finestroni. “Andiamo a dare un’occhiata”, si sente una voce dall’esterno. I passi si fanno sempre più vicini. Un calcio spalanca una delle porte del capannone. Due torce si fanno largo nel buio fitto.
Mike trattiene il respiro.
“C’è qualcosa qui.”
“Cosa?”
“Un giubbotto insanguinato.”
Le due torce si avvicinano e dirigono la luce nella stessa direzione. “Si, è il suo. E ha anche una bella ferita”, dice uno dei due.
Nel frattempo, Mike si è trascinato nel punto dal quale può vedere la scena. Non ha molto tempo. E’ un buon tiratore, ma al buio ha poche possibilità di colpirli entrambi. Decide di aspettare. Si arrampica su una carcassa e si accovaccia.
“Mike, vieni fuori. Il gioco è finito. Hai perso.”
Si, ho perso? Venite a prendermi, pensa.
“Ah, non ne hai abbastanza? Non ti preoccupare. Ti troviamo e ti facciamo la festa!”
Le due luci si separano. Per un attimo Mike le perde di vista entrambi. Poi sente i passi lenti degli anfibi sul cemento. Abbassa la testa più che può. Vede la luce camminare per terra. Vieni bello, vieni.
La luce si alza di scatto verso di lui. Una frazione di secondo. Il cacciatore si accascia senza un lamento. La torcia cade per terra, con un tonfo sordo. Mike ritira il coltello, annusando il sangue sulla lama.
Il secondo cacciatore cambia strada e torna sui suoi passi, sparando all’impazzata verso Mike e costringendolo a scappare verso l’altro lato del capannone. Una porta, un calcio e Mike è fuori, inseguito dalle raffiche. Si butta in un cespuglio e fa una capriola, stringendo la pistola con le due mani.
Secondi interminabili. Un’altra raffica. Mike vede la canna del mitra e prende la mira. “Sono qui” urla Mike. La luce del laser lo punta. Due colpi.
Il secondo cacciatore cade a terra. Mike tira un sospiro.
Uno scroscio di applausi si diffonde dagli altoparlanti, mentre le fotoelettriche illuminano la scena a giorno. Una voce di donna annuncia:
“Il vincitore… “
“di Fuoco Incrociato…”
“e’…”
Questo è quello che resta a Mike. Nient’altro. Pensare. Bisogna pensare. La via d’uscita esiste. Ma esiste?
Mike si guarda intorno. Il capannone abbandonato è enorme, piano di carcasse arrugginite. Dai finestroni in alto non filtra nessuna luce. Oramai sono quattro giorni che scappa. La fame ed il freddo cominciano a farsi sentire. La sua ora di vantaggio è quasi finita. Tra poco saranno qui. Loro vanno a caccia sempre in due. E’ più sicuro. Se uno non ce la dovesse fare, ci pensa l’altro a finire il lavoro.
Si tocca il fianco. Ha una ferita da taglio, non profonda. E’ seduto in un angolo scuro del capannone, da dove riesce a tenere sotto controllo tutti gli ingressi. Improvvisamente, un fascio di luce filtra dai vetri dei finestroni. “Andiamo a dare un’occhiata”, si sente una voce dall’esterno. I passi si fanno sempre più vicini. Un calcio spalanca una delle porte del capannone. Due torce si fanno largo nel buio fitto.
Mike trattiene il respiro.
“C’è qualcosa qui.”
“Cosa?”
“Un giubbotto insanguinato.”
Le due torce si avvicinano e dirigono la luce nella stessa direzione. “Si, è il suo. E ha anche una bella ferita”, dice uno dei due.
Nel frattempo, Mike si è trascinato nel punto dal quale può vedere la scena. Non ha molto tempo. E’ un buon tiratore, ma al buio ha poche possibilità di colpirli entrambi. Decide di aspettare. Si arrampica su una carcassa e si accovaccia.
“Mike, vieni fuori. Il gioco è finito. Hai perso.”
Si, ho perso? Venite a prendermi, pensa.
“Ah, non ne hai abbastanza? Non ti preoccupare. Ti troviamo e ti facciamo la festa!”
Le due luci si separano. Per un attimo Mike le perde di vista entrambi. Poi sente i passi lenti degli anfibi sul cemento. Abbassa la testa più che può. Vede la luce camminare per terra. Vieni bello, vieni.
La luce si alza di scatto verso di lui. Una frazione di secondo. Il cacciatore si accascia senza un lamento. La torcia cade per terra, con un tonfo sordo. Mike ritira il coltello, annusando il sangue sulla lama.
Il secondo cacciatore cambia strada e torna sui suoi passi, sparando all’impazzata verso Mike e costringendolo a scappare verso l’altro lato del capannone. Una porta, un calcio e Mike è fuori, inseguito dalle raffiche. Si butta in un cespuglio e fa una capriola, stringendo la pistola con le due mani.
Secondi interminabili. Un’altra raffica. Mike vede la canna del mitra e prende la mira. “Sono qui” urla Mike. La luce del laser lo punta. Due colpi.
Il secondo cacciatore cade a terra. Mike tira un sospiro.
Uno scroscio di applausi si diffonde dagli altoparlanti, mentre le fotoelettriche illuminano la scena a giorno. Una voce di donna annuncia:
“Il vincitore… “
“di Fuoco Incrociato…”
“e’…”
Copyright Piero Mattei 2007
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